All'inaugurazione della nostra sede di partito lo scorso
dicembre abbiamo presentato il murales "L'altra Umanità" realizzato dall'artista
Alessia Calò; tra i vari soggetti raffigurati spicca anche il volto di Frida
Kahlo, fantastica pittrice del '900, oggetto di una mostra dal titolo "Frida
Kahlo e Diego Rivera" al Palazzo Ducale di Genova fino all'08
febbraio.
L’evento è in realtà un percorso tra le opere di tre
personaggi: oltre alle 120 opere di Frida e del marito troviamo le fotografie
scattate alla coppia da Nikolas Muray. Questo spiega il grande successo di
pubblico per un'esposizione che è approdata prima a Roma e poi nel capoluogo
ligure, a cui si aggiunge l'altra mostra fotografica, "Frida y Diego", tenutasi
a Milano la scorsa estate. Quadri, disegni e foto raccontano la storia di due
artisti molto diversi per personalità e produzione legati fortemente dall'amore
reciproco, per la politica con la militanza nel Partito Comunista e per
l'arte.
Diego si forma tra Messico, Italia e Spagna, vive il
cubismo e le avanguardie, studia da vicino il Rinascimento; tutti questi
influssi compaiono nei lavori della fase matura, soprattutto murales, dove
dipinge la condizione del popolo, il lavoro, l'umiltà, la voglia di riscatto e
la storia del Messico. Si prenda per esempio a "Le venditrici di calle", in cui
i coltivatori sono ritratti di spalle, intenti nel loro lavoro, quasi a
cancellare volontariamente la loro identità in modo da rappresentare la comunità
di agricoltori. Gli stessi fiori, simbolo di purezza, compaiono nel quadro
"Ritratto di Natasha Gelman", con una connotazione più sensuale. Infatti, oltre
a ritrarre il popolo e a denunciare la condizione delle classi più povere,
Rivera dipinge anche alcuni ritratti su commissione per mecenati e amici
appartenenti all'alta società come la Gelman.
Mentre Diego quindi produceva opere politicamente
impegnate, sociali ed era attivo nel Partito Comunista dove era entrato nel
1922, Frida fa una produzione più intima, personale e psicologica, dove esprime
il suo mondo interiore e la sua esperienza di vita. Numerosissimi i suoi
autoritratti in diverse vesti come quello con la collana di spine, simbolo della
sua sofferenza, quello con le scimmie, immagine ironica dei suoi discepoli, o
quello in abiti da Tehuana, il costume bianco tipico delle donne della regione
messicana del Tehuantepec, che viene usato la domenica esclusivamente per
recarsi alla messa domenicale. La simbologia di queste opere è data dagli
elementi naturalistici che fanno da cornice al volto
dell'autrice.
Ciò che si ama di più di Frida è la passione e la
sofferenza di cui è stata preda tutta la vita. La prima per l'arte, la pittura,
Diego, la seconda per la sua condizione fisica precaria, dovuta all'incidente
stradale subito a 18 anni e alla malattia, e l'impossibilità di avere figli, i
due traumi che hanno segnato tutta la sua vita. Queste sono le due componenti
costitutive della sua opera, che traspaiono nei quadri e nel Diario della
pittrice; esse sembrano collegate tra loro e imprescindibili: Frida illustra
l'incidente stradale più volte ripercorrendolo nel ricordo o inserendolo nei
suoi incubi notturni, sceglie l'autoritratto perché confinata a letto in
solitudine negli anni della convalescenza il soggetto che vede più spesso e che
quindi riesce a raffigurare meglio è se stessa, inserisce Diego costantemente
nelle sue opere, l'uomo che amò sempre nonostante i numerosi tradimenti. Nel suo
corsetto di gesso che la aiutava a stare in piedi Frida disegna la falce e il
martello simbolo del Partito a cui aveva aderito nel 1928 e il bambino che
abortì in maniera spontanea.
A chiudere la mostra alcuni abiti usati nella vita di
tutti i giorni dall'autrice, che sono più costumi o travestimenti che tendono a
ricoprire il corpo di questa donna per celare le sofferenze e le menomazioni
dando un'immagine di una fisicità normale e che sono quindi a tutti gli effetti
testimonianza della sofferenza dell'artista; a proposito dei suoi abiti ella
stessa affermava infatti: "L'apparenza inganna".
Un evento quindi a cui invitiamo a partecipare, nonostante
il grande afflusso di persone.
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